La prima cena dell'
iniziativa in cui siamo stati coinvolti e' stata organizzata da L. una ragazza giordana che di mestiere fa la designer industriale. I presenti erano una decina (compresa la mia signora svizzera preferita), ma L. aveva preparato una cena per almeno 25! Ci ha accolto con un tavolo ricolmo di frutta secca, torta al semolino, hummus, pane fatto in casa da intingere in prezioso olio di oliva (quello vero, scuro scuro) e poi in un mix di spezie e
sumac e fagottini ripieni di formaggio, erbe o carne. E poi ha iniziato a cucinare, spiegandoci i vari passaggi e le storie dietro agli ingredienti che stava usando (questo me l'ha dato il signore greco che ha cominciato a produrre olio nel nord dell'isola del sud, con ulivi italiani e spagnoli; questo me l'ha spedito la mia mamma; questo me l'ha dato la signora libanese al mercato...). Tra una chiacchiera e l'altra ci ha preparato un'ottima zuppa di lenticchie, spinaci e pollo (con salsa di melograno),
shushbarak (o shoshbarak, ravioli di carne cotti nello yougurt), un piatto tutto bianco con una spruzzata di prezzemolo verde, perche' nelle occasioni speciali i piatti devono essere bianchi o verdi, e, infine, un dolce di latte, profumato alle mandorle, alla cannella e spruzzato di pistacchi macinati.
Al ritorno fortunatamente avevamo parcheggiato un po' lontano e abbiamo fatto due passi per smaltire il cibo. T. come sempre ha esagerato e si lamentava per il mal di pancia.
La prossima settimana tocca a me. Gia' temo di distruggere in una cena la reputazione che gli italiani si sono fatti in anni. Ma esiste l'eccezione che conferma la regola, no?

* La foto del shushbarak e' presa da Internet, perche' mi sono scordata la macchina fotografica a casa.