lunedì 20 ottobre 2008

A proposito di universita'

A Novembre il nostro dipartimento verra' esaminato. E' stata nominata una commissione, composta da due docenti e una segretaria di altri dipartimenti, due docenti esterni (da altre universita' in NZ o, come nel nostro caso, dall'estero), due rappresentanti degli studenti. La commissione valutera' la struttura del dipartimento, come e' gestito a livello finanziario, come sono organizzati i corsi di laurea, quanto tempo i docenti dedicano alla ricerca, se c'e' abbastanza personale per il carico di lavoro, come sono le relazioni studenti-docenti, se le strutture sono adeguate (uffici per lo staff e gli studenti di master e dottorato, computers ecc.), e i programmi dei corsi sono aggiornati, quali corsi sono offerti e con che frequenza. Questo ogni 5 anni. Alla fine la commissione scrivera' una serie di raccomandazioni per migliorare o modificare cio' che non va. Noi abbiamo preparato un lungo documento di "auto analisi" in cui spieghiamo quello che facciamo, perche' abbiamo scelto di insegnare determinati corsi, idee per il futuro ecc. Oltre a cio' ognuno puo' scrivere una lettera personale alla commissione, spiegando i problemi che pensa debbano essere risolti o rimarcando alcuni punti scritti nel documento di auto-analisi. Alcuni miei colleghi hanno preparato questa lettera e me l'hanno fatta leggere. Sono assolutamente d'accordo con i problemi che sollevano e che andrebbero portati all'attenzione della commissione.

Ma poi incontro un amico italiano. In Italia gli hanno chiesto due volte di ritirare la sua domanda a un concorso. Perche' il candidato prescelto non era lui. Gli hanno rifiutato piu' volte l'ammissione a una certa associazione, perche' vorrebbe dire riconoscere che il posto dovrebbero darglielo. E al suo posto prendono gente laureata in tutt'altro e senza dottorato. Ha sofferto per anni scrivendo progetti e articoli che altri firmavano, fino a scoppiare e trasferirsi dall'altro lato del mondo. Spezzando in due la sua famiglia perche' la moglie lavora in Italia e hanno tre figli che vanno ancora a scuola.

Non solo tutto cio' che avrei voluto scrivere nella mia lettera alla commissione mi appare immediatamente banale, ma anche la forte nostalgia che ho provato tornata dal viaggio in Italia si affievolisce, e mi ricordo perche' sono qua. Lo dico piano, ma forse, in capo al mondo, si vive meglio.